giovedì 26 aprile 2018

A quante cose fa male l’inquinamento atmosferico?

La lista delle malattie correlate all'inquinamento è più lunga di quanto generalmente ci si attenda. La prova scientifica è ancora al vaglio degli esperti, anche se in generale la base di partenza comune alle ricerche è stata l'impietosa costatazione statistica che colloca in città la maggiore incidenza di alcune malattie. Vediamo quali.

-Infarti:
L'esposizione all'inquinamento atmosferico aumenta del 13% il rischio di angina, anche quando il livello di concentrazione di CO2 e polveri sottili rientra nella soglia stabilita dall'Unione Europea. Secondo l'UE, le particelle di particolato con un diametro inferiore a 2,5 micrometri non dovrebbe superare il limite di 25 microgrammi per metro cubo d'aria. L'OMS (Organizzazione Mondiale della Sanità) suggerisce invece un limite più basso, indicando in 10 microgrammi la soglia da non superare. La severità dell'OMS è motivata dalla pericolosità di tutte le particelle di particolato con diametro inferiore ai 10 micrometri, che possono entrare nei polmoni e addirittura passare nel sangue. L'indurimento del sangue dovuto al particolato può essere causa di infarto, a cui si aggiunge un ulteriore fattore di rischio rappresentato dall'asma, che – aumentando lo sforzo della respirazione – accelera anche i battiti cardiaci. I motori diesel, spesso sono erroneamente percepiti come più rispettosi dell'ambiente in ragione della minore emissione di diossido di carbonio. Invece molti motori a benzina emettono oggi meno CO2, mentre il diesel produce livelli più alti di particolato.
-Asma:
Secondo i medici, l'inquinamento non solo provoca gli attacchi d'asma in soggetti sofferenti, aumentandone frequenza ed intensità, ma ne potrebbe essere anche la causa prima. Il 14% dei casi di asma infantile cronica è attribuibile all'inquinamento da traffico urbano. L'inquinamento è anche causa di peggioramento dei sintomi della broncopatia cronica ostruittiva (BPCO), malattia che include bronchite cronica, fibrosi cistica ed enfisema.
- Diabete di tipo 2:
Non solo cuore e respirazione, ma anche pancreas, zucchero e sangue.
L'insulina è l'ormone secreto dal pacreas che ha il "compito" di regolare il livello di zuccheri nel sangue. La sua mancanza o scarsità, porta al diabete.
- Parto pretermine:
Le donne che vivono nella aree urbane con alti livelli di inquinamento da benzina corrono il 30% di rischio in più di partorire prematuramente, mentre il diesel aggiunge un ulteriore 10%. Non solo, poichè esiste una chiara evidenza dell'associazione tra inquinamento dell'aria e basso peso alla nascita, problemi di crescita e prematurità neonatale.
-Cancro:
L'associazione "inquinamento-cancro" è di certo quella logicamente più immediata.
Il rapporto causa-effetto è ben noto, ma solo di recente è arrivata la prima conferma scientifica circa gli effetti dell'inquinamento sul polmone. Vi è una maggiore pericolosità del particolato più sottile e, soprattutto, l'inadeguatezza dei limiti stabiliti dall'Unione Europea.
-Demenza:
E' questa l'associazione meno nota e, tra tutte, quella che probabilmente necessità di maggiori approfondimenti e conferme. Le ricerche sull'argomento sono partite dalla constatazione dello stretto legame tra cervello e naso, che fa dell'organo dell'olfatto
una strada privilegiata per raggiungere la sede del nostro sistema nervoso centrale.
Gli esami post-mortem condotti su alcune vittime di incidenti in Città del Messico,
una delle metropoli più inquinate al mondo, suggeriscono che l'esposizione prolungata ad alti livelli di inquinamento atmosferico comportano cambiamenti nel cervello simili a quelli che riguardano i malati di Alzheimer. Si è osservata in particolare la presenza di placche di beta amiloide, proteina che avrebbe la capacità di distruggere le sinapsi
e causare malattie neuro-degenerative (da qui il ruolo del sonno nella pulizia e prevenzione dell'Alzheimer). 
Gli studi sull'argomento sono comunque solo all'inizio, ma l'impatto negativo e diffuso dell'inquinamento atmosferico sembrano essere ormai una certezza che i governi non possono più ignorare o curare con interventi analgesici.
                                                                                            
                                                                                                              Scienze Fanpage

Valeria Di Brisco
Luigi Bartuccio
Alessia Di Gregorio
Sabrina Cuciti
Alessia Scimone



Cosa sono le isole di plastica?


Anche se il problema principale del Mediterraneo sono le microplastiche, c’è un altro pericolo da tenere d’occhio: pure nel nostro mare si stanno formando delle isole di rifiuti, anche se molto più piccole di quelle oceaniche. In tutto, negli oceani del mondo, le isole di plastica sono cinque: due nell’Atlantico, due nel Pacifico e una nell’Indiano. In questo caso i nemici non sono invisibili, ma sono oggetti di plastica distinguibili. Le isole, infatti, non sono altro che degli enormi accumuli di spazzatura. I rifiuti si raggruppano in queste zone attratti dai vortici di corrente. L’isola più famosa è la Great Pacific garbage patch (detta anche Pacific trash vortex), che si è formata negli anni Cinquanta e non smette di crescere. Si trova tra la California e le Hawaii e, secondo alcune stime, sarebbe arrivata a 10 milioni di chilometri quadrati. Ad alimentarla, oltre alla spazzatura abbandonata dalle persone e ai detriti che il mare raccoglie durante gli tsunami, sono anche i container trasportati dalle navi cargo che ogni tanto si rovesciano. Vicino a questi vortici, dicono gli esperti, se cali una rete raccogli più plastica che vita marina.
                                                                                                              Sky Tg24



Rosy Gilio  
Maria Grazia D’Amico
Federico Amalfa
Matteo Podetti
Martina Milone           

                                                                                                        


Qual è la situazione nel Mediterraneo?


Il Mediterraneo è, letteralmente, un mare di plastica. Secondo un rapporto dell’Unep (Agenzia ambientale delle Nazioni Unite), ogni giorno finiscono nelle sue acque 731 tonnellate di rifiuti in plastica. Il Paese che ne disperde di più nel Mare Nostrum è la Turchia (144 tonnellate al giorno), seguita da Spagna (125) e Italia (89,7). Il problema più grosso nel Mediterraneo sono le microplastiche: il 92 per cento della plastica presente è più piccola di 5 millimetri.
Uno studio pubblicato su Nature, condotto dall’Istituto di scienze marine del Consiglio nazionale delle ricerche di Lerici (Ismar-Cnr) in collaborazione con alcune università, parla di “Mediterranean soup”: una zuppa mediterranea di plastica. In alcuni punti del mare, la concentrazione di particelle rilevata è la più alta del mondo: “Una media di 1,25 milioni di frammenti di plastica a chilometro quadrato, contro i 335 mila del Pacifico”. La distribuzione delle microplastiche non è omogenea.
Il punto peggiore, secondo lo studio che ha raccolto dati per tre anni, è nel tratto compreso tra la Corsica e la Toscana (10 chili di microplastiche per ogni chilometro quadrato).
Il migliore a nord-est della Puglia e a largo delle coste occidentali della Sicilia e della Sardegna (2 chili di microplastica per ogni chilometro quadrato). In acqua sono stati “pescati” inquinanti di tutti i tipi: polietilene, polipropilene, poliammidi, vernici. E anche i biopolimeri, teoricamente biodegradabili. A peggiorare la situazione c’è il fatto che il Mediterraneo è un mare chiuso: una particella potrebbe avere un tempo di permanenza pari a mille anni. In teoria, cioè, partendo dall’Adriatico potrebbe impiegare un millennio per attraversare lo stretto di Gibilterra e finire nell’oceano. Nelle acque del Mare Nostrum, poi, sboccano fiumi inquinati come il Danubio e il Po.     
                                                                                                   Da Sky Tg24





Rosy Gilio
Maria Grazia D’Amico
Federico Amalfa
Matteo Podetti
Martina Milone





Cos’è la microplastica?


Secondo alcune ricerche pubblicate anche su Science, più della metà della plastica che finisce negli oceani (circa il 60 per cento) proviene da cinque nazioni asiatiche: Cina, Filippine, Thailandia, Indonesia e Vietnam. Non parliamo solo di buste, bottiglie, giocattoli. La maggior parte della plastica che soffoca gli oceani, oltre il 90 per cento, si trova in forma di microplastica: frammenti di meno di 5 millimetri che abbondano nei cosmetici e nei prodotti per l’igiene personale, ma che possono anche essere il risultato del deterioramento di rifiuti più grossi. Secondo una stima di Greenpeace, nei mari di tutto il pianeta se ne trovano dai 5mila ai 50mila miliardi. Non li vediamo a occhio nudo, ma gli scienziati ne hanno trovato traccia negli angoli più sperduti del Pianeta. Perfino in Artide e Antartide. Queste particelle sono finite inglobate nelle rocce (com’è stato osservato, ad esempio, alle Hawaii), nei ghiacciai, nei fondali marini, nello stomaco di vari animali. Anche il Mediterraneo ne è infestato. 
                                                                                  Da sky tg 24                                                                


                                                                                                                                                                                                                                     
                                                                                                                                             
                                                                                                                                             



 Rosy Gilio
Maria Grazia D’Amico
Federico Amalfa
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Quanta plastica viene prodotta nel mondo?

Le materie plastiche sono una famiglia molto vasta, che comprende materiali artificiali caratterizzati da una particolare struttura macromolecolare. Tra le più famose ci sono il Pet (utilizzato soprattutto per le bottiglie), il Pe (per sacchetti e giocattoli), il Pvc. Nel mondo, ogni anno, vengono prodotti circa 300 milioni di tonnellate di plastica. In cinquant’anni la produzione è aumentata di venti volte. Si stima che, continuando così, nel 2050 il 20 per cento dell’intera produzione mondiale di petrolio servirà solo per la plastica. La maggiore produttrice è la Cina, seguita dall’Europa. La domanda di plastica del nostro continente nel 2015 è stata di circa 50 milioni di tonnellate: di questi, il 70  per cento è stato richiesto da sei Stati (Germania, Italia, Francia, Spagna, Uk, Polonia). L’Italia, secondo l'ultimo rapporto della Beverage Marketing Corporation, è il primo Paese europeo per consumo pro capite di acqua in bottiglia (di plastica): con i suoi 178 litri l’anno per abitante, sta dietro solo a Messico e Thailandia. La maggior parte della plastica usata in Europa, circa il 40 per cento, la troviamo nel packaging (scatole e involucri). Soprattutto imballaggi di cibi, bevande e vestiti. Di questi, però, meno del 15 per cento viene riciclato e la percentuale si abbassa drasticamente se consideriamo la plastica in generale (si parla del 5%). Quasi un terzo degli oggetti di plastica prodotti a livello globale, in pratica, viene abbandonato nell’ambiente.

                                                                                                                Da Sky Tg24




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Isola di plastica, i numeri di Marco Faimali

L’isola di plastica non è solo nell’Oceano Pacifico, ma rischia di essere presto un problema comune anche al Mediterraneo. Se n’è parlato oggi a Lerici (La Spezia) ad un convegno della Ong animalista Sea Shepherd dove Marco Faimali, del Cnr, ha spiegato che “il 3% della produzione annuale di plastiche finisce in mare" Il mar Mediterraneo è "una delle zone più problematiche – ha aggiunto il ricercatore - stiamo cercando di capire quali saranno gli effetti sull'ecosistema. La plastica  è un inquinante che a sua volta assorbe altri inquinanti e fa da vettore". Quanta plastica è contenuta nei mari? "Se filtrassimo un chilometro cubo di acqua del Mediterraneo, troveremmo da qualche decina sino a centinaia di chili di plastica". Da qui al 2025 gli oceani riceveranno 64 milioni di tonnellate di rifiuti in più. Un'invasione tossica che ha un effetto devastante sulla fauna. Questa è una crisi urgente e grave che molte grandi aziende hanno contribuito a creare, riempiendo con i loro prodotti e imballaggi in plastica usa-e-getta le nostre case, le nostre vite. E di conseguenza, i nostri mari.


Da Rai News




Rosy Gilio
Maria Grazia D’Amico
Federico Amalfa
Matteo Podetti
Martina Milone

mercoledì 18 aprile 2018

Eco comunicare kids in uno spot


Siamo la “Green Team” del Liceo Impallomeni di Milazzo, facciamo parte della IV A Classico e simuliamo all’interno del percorso di Alternanza scuola lavoro, insieme a o2italia, l’attivazione di un’agenzia di comunicazione ambientale.

lunedì 16 aprile 2018

Eco comunicare kids



Useremo questo canale per condividere il percorso di alternanza scuola lavoro con o2italia.


L’agenzia nasce all’interno dell’Istituto d’Istruzione Superiore G.B. Impallomeni con l’obiettivo di offrire dei servizi di comunicazione ed educazione ambientale alla comunità, attivando delle campagne ambientali in rete con quelle Nazionali, soprattutto data l’area ad elevato rischio ambientale in cui ci troviamo.